31 MARZO 2011
Nel 2010 il numero delle persone che soffre la fame è sceso a 925 milioni dopo aver superato il miliardo nel 2009. Nonostante la diminuzione delle persone malnutrite - registrata in Asia e in misura minore in Africa Sub-Sahariana - il numero di persone che non ha abbastanza cibo per sopravvivere resta più alto rispetto ai dati rilevati prima della crisi economica del 2008. E’ un problema di produzione, di distribuzione, di politiche? ActionAid ritiene che fame e malnutrizione non siano un ineluttabile fatto naturale, ma il risultato di scelte precise e di disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra uomini e donne.
Proprio in quegli Stati dove il numero degli affamati resta elevato e dove si susseguono crisi politico-sociali o catastrofi naturali, l’agricoltura garantisce la sopravvivenza al 62% della popolazione. In particolare, in Africa e Asia, 500 milioni di piccoli produttori agricoli coltivano l’80% della terra arabile disponibile, sfamando così un terzo dell’umanità. Eppure, tre quarti delle persone affamate del pianeta sono proprio piccoli agricoltori, gran parte dei quali è costituita da donne.In tutte le “regioni in via di sviluppo” le donne hanno un ruolo cruciale in agricoltura e nella produzione di cibo. Il lavoro femminile rurale tuttavia resta largamente sottovalutato e non retribuito e spesso le donne subiscono discriminazioni che limitano il loro accesso alle risorse naturali (come terra, acqua, foreste), agli input agricoli, al credito e agli strumenti finanziari utili a sviluppare imprenditoria rurale.
La fame è dunque un problema complesso, che richiede analisi dettagliate e proposte concrete, soprattutto in seguito a recenti sfide globali, quali: il cambiamento climatico e i suoi effetti sulla produzione agricola, l’espansione dell’agricoltura industriale a scapito dell’agricoltura di piccola scala, l’accaparramento di terre da parte di governi e multinazionali per uso diverso dall’agricoltura (ad esempio per la coltivazione di biocarburanti), la speculazione finanziaria che ha investito anche i prodotti agricoli portando il prezzo del cibo ad un drammatico aumento. Fra gli aumenti più rilevanti quelli di grano, mais, zucchero e oli alimentari, con gravi ripercussioni soprattutto nei Paesi poveri.
Donne e agricoltura
Le donne costituiscono la maggioranza dei piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo e giocano tuttora un ruolo importante nell’allevamento, in agricoltura, nell’uso e mantenimento delle risorse naturali. Le donne sono in prima fila nella raccolta dell’acqua e della legna, ma anche nei programmi di conservazione del suolo e nel tramandare le conoscenze tradizionali sull’uso medico delle piante e sulla conservazione dei semi. Un patrimonio di sapere e competenze che le donne portano con sé anche quando migrano verso le città, contribuendo allo sviluppo dell’agricoltura urbana e suburbana, sempre più riconosciuta come vitale per la sicurezza alimentare delle città. Nonostante il ruolo cruciale che ricoprono all’interno dei rispettivi nuclei famigliari rurali, le donne contadine spesso non ricevono adeguato sostegno da parte delle istituzioni locali e nazionali, né sono sempre riconosciute come soggetti economici da coinvolgere nei programmi di sviluppo rurale, oltre a dover spesso affrontare discriminazioni nella proprietà ed eredità della terra.
ActionAid ha rilevato che in Uganda le donne ottengono il 9% del credito agricolo e in Malawi solo il 7% delle donne capofamiglia riceve sostegno alle attività agricole (contro il 13% degli uomini capofamiglia). Pur nelle differenze di contesto, le condizioni di vita delle donne agricoltrici, presentano degli aspetti simili sotto ogni latitudine. Ad esempio, anche in Italia è necessario abbattere le discriminazioni nell’accesso al credito agricolo e dare visibilità alla presenza delle donne nel settore; è inoltre comune la volontà di esprimere con il lavoro quotidiano uno sviluppo rurale rispettoso della biodiversità, coerente con le caratteristiche del proprio territorio e che vada a beneficio di tutta la società.
Si potrebbe dire che non è un caso, dunque, se la femminilizzazione dell’agricoltura è andata di pari passo con la femminilizzazione della povertàe con una decrescita degli investimenti pubblici nel settore agricolo. Alla retorica che ribadisce l’importanza delle donne in agricoltura spesso non corrispondono politiche, misure legislative, ricerche e analisi che possano andare a beneficio delle contadine e delle imprenditrici agricole. D’altronde, l’obiettivo di “sviluppare il potenziale delle donne in agricoltura” che compare in molti programmi di sviluppo rurale può comportare un aumento delle aspettative e dei compiti attribuiti alle donne, senza necessariamente promuovere i loro diritti umani fondamentali. Raramente, infatti, gli interventi di miglioramento della sicurezza alimentare includono azioni strategiche che sostengano le donne nel poter avere controllo autonomo sui loro corpi e sul prodotto del loro lavoro.
In Italia
L’agricoltura italiana sta vivendo un periodo difficile. Alla fine del 2010 in un documento congiunto la CIA, insieme a Copagri e Confagricoltura, sottolinea come il settore nel nostro Paese stia registrando perdita di competitività e redditività rispetto agli altri Paesi europei e non stia affrontando adeguatamente sfide globali quali la sicurezza alimentare, la liberalizzazione dei mercati, i cambiamenti climatici. In questo quadro complesso si inserisce il lavoro e la presenza delle donne che, in questo come in altri settori, è determinante pur non essendo ancora numericamente rilevante:
§In Italia più di 3 aziende agricole su 10 sono condotte da una donna (Grafico 2), dato che ci colloca al quinto posto in Europa, ma negli ultimi sette anni la presenza di donne imprenditrici nel settore è diminuita più di quanto si sono ridotti i conduttori nel loro complesso (-21% contro -19%).
§Molise, Campania, Valle d’Aosta e Friuli sono le regioni a maggior presenza “rosa” in proporzione al totale delle aziende agricole; Trentino Alto Adige, Sardegna, Lombardia sono in fondo alla classifica.
§La quota di giovani imprenditrici (meno di 40 anni) sul totale dei giovani nel comparto è diminuita, passando negli ultimi sette anni dal 30 al 27%. In Sicilia, Campania e Puglia troviamo la presenza più sostenuta di giovani donne impegnate in agricoltura.
§Le giovani donne che lavorano all’interno dell’impresa agricola della famiglia sono diminuite notevolmente passando da circa 940.000 nel 2000 a 250.000 unità nel 2007.
§La quota delle conduttrici agricole donne con diploma o laurea sul totale è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi anni passando dal 5,2% del 2000 al 5,4% del 2007.
In tale contesto, Donne in Campo si fa portavoce delle principali istanze e richieste che vengono dal mondo dell’imprenditoria agricola al femminile italiana. Tra queste:
§La creazione di aziende agricole multifunzionali, che possano essere la risposta alle esigenze di un nuovo welfare che veda rafforzati i servizi per l’infanzia e per gli anziani non autosufficienti a livello rurale e che quindi permetta alle donne - sulle quali ricade la maggiore responsabilità di cura - maggiore libertà di scelta, senza dover rinunciare alle aziende agricole di loro conduzione.
§Il rifinanziamento della Legge 215/9250, che prevedeva azioni positive e facilitazioni per le imprese “in rosa” sia da avviare che già esistenti.
§Come nel Sud del mondo, anche in Italia le donne subiscono discriminazioni nell’accesso al credito. Sono pertanto necessarie garanzie al credito per le imprese femminili e lo studio di un progetto sul microcredito specifico per le donne agricoltrici.
§Filiera troppo lunga, grande distribuzione molto potente, politiche per la formazione dei prezzi non sempre trasparenti: il problema dell’accesso al mercato che vivono le donne agricoltrici nel nostro Paese sembra affine – pure se diverso nelle forme e nelle proporzioni – da quello vissuto dalle contadine di Africa, Asia e America Latina che spesso si scontrano con barriere all’ingresso quando si tratta di distribuzione dei loro prodotti.
§Preoccupazione per l’uso indiscriminato del territorio agricolo a vantaggio d’insediamenti industriali, produzione di energia e aree residenziali.
in Allegato il rapporto completo ActionAid e l'invito all'iniziativa
Per vedere il sito ufficiale ActionAid: www.actionaid.com