FIRENZE, 25 MAGGIO 2012
“Le colture estensive possono fare a meno di biovarietà mentre le aziende di piccole dimensioni, la piccola agricoltura vive sulla biodiversità”. Questo ha affermato Vandana Shiva il 25 maggio 2012 a Firenze in occasione dell’incontro organizzato dall’Associazione Donne in Campo a Terra Futura sul tema: “Le Donne per la biodiversità: innovazione nella tradizione”.“Sta per finire un’era - ha affermato ancora la scienziata indiana in una sala colorata da mazzi di spighe e papaveri - l’era della violenza e del dominio, l’era della distruzione e del controllo per lasciare posto a una visione femminile basata sull’amore e il rispetto per ogni forma di vita”.
Affermazioni che hanno suscitato l’entusiasmo di una sala affollata e già emozionata dalle testimonianze delle imprenditrici Donne in Campo. Come quella di Elisa Bigiarini che racconta: “E’ avvenuto tutto un po’ per caso, diciamo in modo buffo –dice Elisa sfoggiando con orgoglio il suo pancione di 8 mesi - questo contadino di una certa età aveva un barattolo di ceci che di anno in anno seminava per consumo familiare. Un cece, che era unico per sapore e caratteristiche: facilità di coltura, grande adattabilità al terreno delle nostre zone, dimensioni molto ridotte (meno di un nocciolo di ciliegia), buccia rugosa e un sapore più marcato anche dopo la cottura. Questa coltura per noi oltre ad essere un elemento di qualità e di cibo genuino è diventata un rilevante fattore di reddito.
O di Manuela Cozzi imprenditrice della provincia de L’Aquila. “Facciamo allevamento estensivo e transumanza di pecora sopravvissana. È una razza a triplice attitudine, eccellente per lana, latte e carne. Oggi non la alleva più nessuno. E dire che questa lana è la migliore del mondo, seconda sola alla neozelandese. Uno degli obiettivi è proprio quello di invertire l’abbandono della montagna nell’Abruzzo aquilano. Fra le specie tipiche delle nostre zone, abbiamo anche la solina, un grano antico di montagna, e altre varietà orticole: il pomodoro a cuore di Sulmona, l’aglio rosso di Sulmona, lo zafferano. Abbiamo costituito l’associazione Semina Valle, con cui portiamo avanti il progetto “adotta una pecora” per salvaguardare e tutelare l’attività pastorale e tutte le attività connesse tra cui la coltivazione di olivi e di piante di mele (abbiamo un pomario con 15 varietà, dalla limoncella, alla mela piana, la mela gelata, la mela rosata e altre mele selvatiche che rischiano di scomparire).
Sono contenta di questo modello di sostenibilità: noi si guadagna quello che non si spende, abbiamo costi molto contenuti, seconda poi soprattutto con la multifunzionalità le opportunità di lavoro si moltiplicano, abbiamo posti letto, posti a tavola, è un grosso valore aggiunto per chi produce”!
Poi c’è Barbara Gobbi ex programmatrice veneta che, dopo aver rifiutato insieme al marito una vita nel ricco nord est “basata solo sul lavoro inteso come profitto, nella quale si deve guadagnare sempre di più per spendere sempre di più, dove si fanno debiti pur di apparire”... si trasferisce nelle Marche nell’azienda agrituristica Valdifiori nata dal recupero di 2 antichi casolari ottocenteschi. Un allevamento allo stato semibrado di vacche marchigiane, che vivono tra gli ampi pascoli dell'azienda. La vacca marchigiana, fa parte delle specie in via di estinzione da preservare. Nasce in tempi abbastanza recenti, a metà del XIX secolo, dall'incrocio di bovini Marchigiani di ceppo Podolico con soggetti di razza Chianina e, successivamente, dall'unione delle bovine meticce Chianine-Marchigiane con tori di razza Romagnola. Una volta veniva principalmente impiegata per i lavori agricoli. Viene allevata soprattutto al pascolo.
“Penso sia giusto ritrovare l'armonia con la natura”, dice Barbara. “Siamo arrivati al momento in cui dobbiamo cambiare, se vogliamo continuare a vivere, e soprattutto se vogliamo offrire un futuro ai nostri figli. Solo in questo modo potremmo guardare al futuro in modo sereno e positivo”.
Infine la bellissima testimonianza di Lucia Andreotti. “Durante la guerra il nostro vicino aveva sotterrato in una damigiana i semi del grano marzolo e poi dopo la guerra lo ha ritirato fuori. Poi tutti lo abbiamo riseminato. È un grano antico il nostro, io mi ricordo che i miei nonni lo chiamavano il granino, il grano marzolo, che si semina a marzo quando è passato il freddo. Qui c’era la linea gotica, si son passati dei momenti brutti in tutti i sensi, i tedeschi prendevano tutto, galline, maiali, mucche. Certo, dovevano vivere anche loro, era una questione di sopravvivenza, di rifornimenti, sennò di che vivevano? Qui è sempre stata un’agricoltura di sussistenza, non come intendete voi in città, siam sempre vissuti con quello che si produceva, un po’ di castagneto per le castagne e la farina, un po’ di grano, che viene seminato ma poi ci dan tanta noia i cinghiali. Siamo nella montagna pistoiese e c’è da stare attenti alla stagionalità. Da noi c’è il detto ‘sotto la neve pane, sotto l’acqua fame’, perché il grano che si seminava prima dell’inverno, in ottobre, andava perduto con facilità se l’inverno era piovoso: potevano ghiacciare le radici e moriva. Invece
quello marzolo era più sicuro”.
Una giornata indimenticabile aperta dal saluto della Presidente Donne in Campo Toscana Maria Annunziata Bizzarri che ha ricordato l’importanza che le donne rivestono nella cura e conservazione delle colture e delle tradizioni locali e del valore che i sapori del passato assumono nel conservare la nostra identità e la nostra memoria. Mara Longhin la Presidente Donne in Campo ricorda fortemente il legame tra le colture e le culture dei nostri territori. “Ci troviamo davanti ad una situazione paradossale: l’agrobiodiversità è in pericolo non perché c’è un disinteresse nei suoi confronti, ma perché ce n’è troppo! Il “nuovo oro verde”, in competizione o complementare all’onnipresente, ma ormai in crisi “oro nero”, è diventato un “boccone” ambito dai colossi industriali.Assistiamo a veri e propri atti di “biopirateria”. Si attinge gratuitamente all’enorme varietà genetica dei paesi poveri, si manipolano, si riproducono in laboratorio e si portano sui mercati reclamando il riconoscimento di un valore aggiunto dall’ingegno umano”.
Ma è l’intervento di Vandana Shiva che accende la passione. Ci porta l’esperienza sua e della sua Associazione Navdanya. Navdanya significa “9 semi” (simboleggiando la protezione della diversità biologica e culturale) e anche il “nuovo dono” per le sementi come beni comuni sulla base del diritto di salvare e condividere i semi. Nel contesto odierno di distruzione biologica ed ecologica, infatti, donare semi è un dono di vita una difesa del patrimonio e della continuità. Conservare i semi è conservare la biodiversità, difendere la consapevolezza del loro utilizzo, è preservare cultura!
E’ a Cinzia Pagni, Vicepresidente nazionale della Cia, che è affidato il compito di concludere l’incontro, e lo fa mantenendo intatto lo spirito intensamente femminile della giornata. Un ricordo emozionante della sua infanzia in azienda e della coltura di camomilla che sua madre curava e della quale ha portato i semi per condividerli con le altre. Portando il saluto della Cia e del Presidente Politi, la Vicepresidente ha affermato che il nostro paese ha bisogno di più agricoltura e di liberare l’ingegno degli agricoltori italiani, ingegno che è stato capace di costruire una delle culture alimentari più avanzate del mondo.
L'on. Susanna Cenni, presente in sala, ha portato il suo contributo aggiornando sull'iter legislativo riguardo la biodiversità.
Mais maranino , Fagiolo stiaccione , Cece Pergentino, Iris fiorentino, Calendula, Grano Marzolo, Pomodoro Pisanello , Fagioli borlotti lingua di fuoco, Melanzanine genovesi, Fagiolo Gentile con l’occhio, un’antica vaietà di Insalata, Reseda e Camomilla: l’incontro si è concluso con la condivisione di alcuni semi portati dalle imprenditrici che, come ha affermato la Coordinatrice Donne in Campo Toscana Anna Maria Dini che ha moderato l’incontro, sono stati scambiati con l’impegno alla cura ed alla loro diffusione.
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